Un Daspo per Sovrintendenti?
Nel corso del dibattito sul DDL Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia (2287-BIS), recentemente approdato in aula al Senato, si sono avuti ieri, tra gli altri, gli interventi della relatrice De Giorgi (PD) e del Ministro Franceschini che qui riportiamo, tralasciando per mere ragioni di sintesi le risposte al senatore Giovanardi e alla sua difesa dell’utilizzo degli animali nei circhi…
Rosa Maria Di Giorgi:
Signor Presidente, utilizzerò pochissimo tempo per rispondere ad alcune delle interessanti sollecitazioni che sono venute dai colleghi, a seguito anche di un percorso molto condiviso del provvedimento in esame. Procedo sulla base dell’ordine degli interventi fatti in Assemblea nella seduta di giovedì scorso. […]
Tutto il settore dello spettacolo è disciplinato con decreti-legge convertiti, come abbiamo già ricordato. Le risorse, in un transitorio perenne, sono assegnate con decreti non aventi natura regolamentare, che fondano le loro basi normative su leggi risalenti nel tempo. Pertanto, se c’è un minimo di soddisfazione, che ovviamente si è rilevato anche dalle mie parole, credo che ne abbiamo motivo, avendo sbloccato una situazione risalente alla legge n. 800 del 1967.
È importante dare dei segnali – lo ribadisco – alla musica contemporanea e popolare, alla danza che non ha cittadinanza nelle norme. Il disagio di artisti italiani di fama internazionale come Roberto Bolle – è stato citato dalla collega Montevecchi – può trovare riscontro in quest’Aula. Noi abbiamo finalmente parlato di danza; abbiamo dato cittadinanza alla danza anche in quest’Aula.
Per quanto riguarda le fondazioni lirico-sinfoniche toccate in molti interventi e in particolare in quello del senatore Giro, che è stato complesso e pieno di sollecitazioni, evidenzio che il testo in realtà non modifica il quadro, ma prosegue con energia su una strada segnata da anni, e da ultimo con l’intervento d’urgenza nel decreto sugli enti locali, convertito nella legge n. 160 del 2016. Le risorse destinate in quota Fondo unico per lo spettacolo (FUS) sono oggi poco più di 180 milioni di euro, a cui si aggiungono 20 milioni straordinari assegnati dalla legge di bilancio per il 2017 e anche dal milleproroghe del 2017. Si tratta quindi di interventi importanti e chi ha detto, anche in questo dibattito, che non c’è alcuna discontinuità e non ci sono interventi significativi nella cultura, per quanto riguarda sia il patrimonio culturale che le attività culturali, dovrebbe un po’ guardare le cifre, perché la situazione è ben diversa.
Vorrei esprimere poi qualche parola sulla preoccupazione espressa negli interventi dei senatori Giro e Bocchino, sull’accentramento di poteri in capo al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. A questo proposito, colleghi, vi suggerisco una diversa lettura del disegno di legge. La previsione di un organismo – ci si riferisce al consiglio superiore dello spettacolo – con rappresentanti di diverse anime, delle categorie e di tutte le varie arti con il compito di valutare gli effetti delle misure previste sullo sviluppo del settore, dovrebbe essere una garanzia di dialogo costruttivo tra il Ministro e gli operatori, assicurando anche un collegamento con le Regioni attraverso il rappresentante della Conferenza unificata. Vi invito quindi a leggerlo nella dimensione che ha e darei l’interpretazione autentica del consiglio superiore dello spettacolo. Si esce da una logica burocratica per puntare a una logica di sostanza, dove, in presenza di poteri marcati di indirizzo politico, ma anche di luoghi di dialogo e verifica dei risultati, si possano maturare scelte adeguate per lo sviluppo del sistema. Ci sarà un coinvolgimento di tutti i soggetti dello spettacolo e questo mi sembra un elemento molto importante e anche molto significativo del provvedimento.
Ho ascoltato con attenzione l’intervento del senatore Tosato, che desidero rassicurare. Concordo sull’esigenza di non fare delle fondazioni lirico-sinfoniche -utilizzo l’espressione del senatore stesso – di tutta l’erba un fascio. Nel solco dell’esperienza degli ultimi anni, i regolamenti di delegificazione e i nuovi criteri di riparto del FUS per le fondazioni seguono una logica volta a distinguere tra le realtà virtuose e quelle problematiche per avere così la certezza delle risorse destinate annualmente.
Rilevo allora l’importanza – e invito i colleghi anche i gruppi politici a tenerne conto – del fatto che abbiamo necessità di rigore per distinguere tra le realtà virtuose e quelle più problematiche, con le conseguenze che ciò comporta. Non è però questo un invito a distruggere, quanto un modo per stimolare in senso positivo.
Concordo altresì con il senatore Tosato sul fatto che le situazioni di deficit sono dovute anche all’incidenza dei tagli. Sappiamo tutti che, nel corso degli anni, si è tagliato molto sulla cultura ed è perciò evidente che l’inversione di tendenza che abbiamo ora innestato non è ancora sufficiente. Le situazioni di deficit ci sono ancora e per tale ragione ritengo necessario prestare molta attenzione affinché si possa ripartire da una situazione meno tragica rispetto a quella che attualmente abbiamo tenuto.
Il senatore Compagna si è posto il problema delle competenze del Ministro dei beni e della attività culturali e del turismo, presente oggi in Aula. A differenza di quanto detto dal collega, ritengo ci sia stata una positiva evoluzione culturale in questo senso. Il senatore Compagna ha detto, con il suo modo espositivo sempre interessante da ascoltare, che tutto sommato il Ministero si deve occupare soltanto di beni culturali e non di attività culturali. Ritengo invece che ci sia stata un’evoluzione culturale positiva in tal senso, che ben vede all’interno di un unico Ministero le competenze relative al mondo dei beni culturali e, quindi, alla tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio storico della Nazione, e lo sviluppo complessivo delle attività culturali, che si coniugano bene anche ai luoghi dell’arte e che, attraverso gli spettacoli, possono avere una valorizzazione maggiore. È uno dei cavalli di battaglia del ministro Franceschini, che io condivido a pieno; i luoghi dell’arte diventano ancora più fruibili con le attività culturali.
A tal proposito trovo utile che il Ministero debba occuparsi anche di turismo. Sono proprio in un’altra logica, senatore Compagna. Il turismo culturale è infatti – e sempre più deve essere – elemento trainante del settore. Vedo pertanto un’armonia di funzioni nell’attuale assetto del Ministero, che ben risponde al dettato costituzionale dell’articolo 9 della Costituzione che – non a caso – abbiamo richiamato nei principi del provvedimento al nostro esame. Non abbiamo messo a caso il riferimento all’articolo 9, che voglio qui ricordare: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». È un unico articolo e, quindi, il riferimento all’attuale organizzazione del Ministero mi sembra assolutamente utile.
Il senatore Panizza ha parlato a lungo condividendo l’impostazione del provvedimento e riportando in Assemblea tanti temi affrontati in Commissione, anche in sede di audizione, relativi alla necessità di favorire, quanto meno con le stesse detrazioni, una sensibilità maggiore nei confronti di queste attività; una richiesta questa che dovrebbe essere rivolta non al ministro Franceschini, ma a quello dell’economia e delle finanze. Tali detrazioni dovrebbero applicarsi a tutte le famiglie che vogliono che i figli seguano attività culturali e corsi, che vanno dalla musica alla danza e anche al terzo settore. Vorremmo quindi che ci fossero le stesse detrazioni che si applicano al mondo dello sport nell’ambito delle rispettive attività. Credo che questa vicenda debba essere ben verificata e calcolata, per dare finalmente alle famiglie questo supporto, anche con l’accesso delle associazioni alla misura del 2 per mille. Non dispero che nella prossima legge di stabilità possa esserci una particolare attenzione a questo tema, che tanto inciderebbe sulla vita delle famiglie e degli operatori del settore.
Signor Presidente, mi avvio a concludere. Il senatore Conte ha sottolineato un aspetto importante. Condividendo l’impostazione della norma, il collega ha evidenziato la necessità per i soggetti dello spettacolo di operare in rete, garantendo minori costi e puntando a una maggiore qualità delle produzioni, e ha rivolto la sua attenzione al tema dei rapporti di lavoro nel mondo dello spettacolo e alla necessità di dare dignità al lavoratore nella retribuzione e nelle tutele. Questo aspetto sottolineato dal collega mi trova assolutamente concorde.
Tra l’altro, di questi aspetti ha trattato anche la senatrice Blundo, che ha collaborato molto con noi, mostrando sensibilità agli aspetti legati ai rapporti di lavoro nel mondo dello spettacolo, e cioè alla necessità di dare dignità alla retribuzione nel mondo del lavoro, con un intervento importante. Tutta la Commissione è stata molto sensibile a questo aspetto e la delega prevista sarà molto importante. Condivido la preoccupazione e anche la sollecitazione della senatrice Blundo che, oltretutto, ha avuto un approccio molto costruttivo durante l’esame in Commissione per far sì che nel testo fosse compresa anche la disciplina dell’insegnamento nelle scuole di danza – ancora la danza – a garanzia delle famiglie e dei bambini. Gli operatori dovranno avere determinate caratteristiche e il Governo è delegato a occuparsi di questo.
Il senatore Bocchino si è soffermato su un punto importante di cui spesso si discute nel dibattito sia in Commissione che in Assemblea. Egli ha parlato di criticità con riferimento al rapporto tra pubblico e privato nel sostegno al settore, che è stata una parte importante del suo intervento. Penso che, data la preoccupazione riferita alla sostituzione dell’intervento pubblico con quello privato, lasciando le attività di spettacolo al libero mercato, il disegno di legge introduce semmai delle garanzie, a cominciare dal richiamo, tra i principi generali, a disposizioni della Costituzione. Non avremmo mai richiamato la Costituzione se non ritenessimo che ci debbano necessariamente essere un assoluto supporto e una presa in carico da parte dello Stato della Repubblica italiana e di tutte le sue articolazioni – mi riferisco a Regioni e Comuni – delle attività legate alla cultura.
Il disegno di legge in esame apre a una logica collaborativa tra i diversi livelli di governo e a una sinergia tra l’intervento pubblico e quello privato, che certamente riteniamo utile. Credo che nell’ambito della cultura ci debba essere un intervento privato, che deve però essere non sostitutivo, ma aggiuntivo. La nostra battaglia, che credo sia comune a tutti in quest’Assemblea e alle varie parti politiche, deve essere – e lo sarà – indirizzata ad avere sempre maggiori risorse pubbliche in questo settore. Ma accanto, ben vengano anche risorse private che, giustamente, come in molte altre parti del mondo, già rappresentano una parte importantissima del finanziamento. In questo senso, abbiamo proposto non solo l’estensione dell’Art bonus, ma anche la valorizzazione dell’associazionismo e il collegamento con il terzo settore (ossia con tutti quei soggetti che possono incrementare questo mondo e anche i finanziamenti e le risorse destinate al mondo della cultura).
Sempre il senatore Bocchino ha parlato con preoccupazione dello sconfinamento nelle competenze regionali. Qui ci sono sempre delle questioni aperte e anche la nostra storia recente ce lo dice. Il disegno di legge in esame – abbiamo fatto attenzione a questo aspetto – in realtà recepisce gli indirizzi della Corte costituzionale, compresi gli ultimi relativi alla cosiddetta legge Bray e alle deleghe della cosiddetta riforma Madia. Quindi, su questo penso che abbiamo risposto alle sue preoccupazioni.
L’intera impostazione cerca di creare una sinergia tra i diversi livelli di governo. Non c’è dubbio – lo si è detto anche con riferimento alle fondazioni lirico-sinfoniche – che i problemi più recenti sono dovuti anche alla perdita di risorse sul territorio, ma proprio per questo motivo l’intervento statale deve essere strettamente interconnesso a quello territoriale per un indirizzo unitario, per favorire il riequilibrio territoriale e – anche questo è molto importante ed era uno degli elementi che in molti interventi, anche in Commissione, la senatrice Petraglia ha ricordato – per verificare che ogni risorsa pubblica realizzi un impatto culturale e territoriale nel migliore dei modi. Questa riforma, quindi, tende a creare le premesse per un approccio di sinergia e leale collaborazione, l’unico – a mio avviso – che possa creare una discontinuità vera con il passato. Anche in questo senso credo che le preoccupazioni emerse siano legittime, ma ritengo che abbiamo risposto nel modo più credibile e più serio possibile.
La senatrice Montevecchi è stata protagonista del lavoro di Commissione con le sue proposte, con i molti emendamenti su cui abbiamo discusso. Il tema affrontato nel corso dell’esame in Assemblea è molto legato alle questioni delle fondazioni lirico-sinfoniche, un argomento sicuramente scottante anche se – come ho detto – in questo provvedimento non è centrale; si dice ben altro. Riconoscere il «ben altro» senza puntualizzare sempre tutto soltanto sulle fondazioni lirico-sinfoniche forse non è nemmeno sbagliato, ma voglio rispondere sulle questioni delle fondazioni. La lettura del disegno di legge impone una riflessione su come in effetti i problemi non siano molto cambiati prima e dopo la trasformazione in fondazioni con natura giuridica di diritto privato, che era uno degli elementi della riforma Veltroni di cui la senatrice ha parlato. E questo ci aiuta a focalizzare le strategie su un approccio totalmente diverso: rimettere in discussione nuovamente il modello potrebbe avere un costo elevato e non essere risolutivo. Non possiamo adesso tornare indietro e pensare di ripubblicizzare completamente le fondazioni dopo tutti gli anni in cui le stesse hanno fatto un loro percorso che, pur con mille problemi, è avvenuto in una logica innovativa e culturalmente avanzata. È una situazione ante 1997, non possiamo tornare indietro; non ha risolto il problema certamente, così come non lo ha risolto l’intervento del ministro Bondi richiamato – se non erro – dal senatore Giro.
Tuttavia, il disegno di legge, sulla base dell’esperienza maturata, rafforza l’azione di riorganizzazione in corso e introduce correttivi anche con riferimento alle responsabilità. In questo senso c’è stato un contributo della collega Montevecchi: abbiamo accolto taluni emendamenti – come mi sembra sia stato detto anche dalla collega – circa una maggiore responsabilità degli organi di gestione e dei sovrintendenti. È davvero importante, infatti, che il senso di responsabilità sia alla base della gestione delle fondazioni, avendo qualche volta lasciato un po’ a desiderare. Quindi, la scelta più saggia rispetto alle fondazioni, che in tutti gli interventi sono emerse, colleghi, signor Presidente, sarà andare avanti su questo percorso e auspicare uno sforzo ulteriore in termini finanziari per il rientro delle esposizioni debitorie. Come sappiamo, è uno dei nodi che il Ministro ha ben presente e vedremo come risolverlo. Nessun intento persecutorio si ha, quindi, nei confronti delle fondazioni; nessuna volontà di interferire nella loro progettualità tagliando risorse. Vi è, invece, una forte volontà di richiamare gli organi di gestione alla responsabilità e al rigore negli investimenti, che è ciò che talvolta è mancato. Tutto questo produrrà non certo un decadimento e si pone come condizione necessaria per un rilancio.
La crisi dei corpi di ballo, su cui diversi senatori sono intervenuti, e di cui tanto abbiamo parlato in Commissione e che ci stanno molto a cuore, indubbiamente deriva da una situazione complessiva poco sostenibile, che purtroppo ha condotto a scelte a radicali da parte di alcune gestioni di fondazioni. Confido che una nuova impostazione possa aiutare a riconsiderare all’interno delle varie fondazioni tali scelte, forse a suo tempo obbligate, e ricordiamo dei soggetti significativi che lo hanno voluto.
Riguardo all’impegno del Governo sulla cultura, mi pare incontrovertibile che ci siano stati investimenti che da anni non si facevano sia su questo settore – abbiamo reintegrato i bilanci delle fondazioni più volte in questo quinquennio – che sul personale non tanto delle fondazioni quanto più in generale del Ministero, naturalmente con una certa fatica, ma con una prospettiva che non può che far pensare a uno sviluppo complessivo.
Il senatore Marin, molto criticamente, ha detto che tutto sommato il provvedimento non apporta grossi cambiamenti. Mi rendo conto che nella dialettica politica ci stia tutto, ma credo che con un po’ di sforzo si possano trovare le iniziative interessanti anche all’interno di un provvedimento come quello in esame. E la sua approvazione è importante non perché io pensi, evidentemente, che l’approvazione di un quadro organico di regole possa cambiare il mondo, ma perché una buona risposta legislativa, con strumenti efficaci, può essere d’aiuto ad avviare il cambiamento.
Il senatore Marin parla di un eccesso, finanche di un abuso della delega legislativa, un tema emerso nel dibattito. Ma nel caso di specie mi sembra di poter respingere siffatta osservazione, perché in fondo abbiamo introdotto sei articoli di normazione diretta nel testo. E bisogna ricordare che partivamo dall’articolo 34 del disegno di legge n. 2287-bis sul cinema e sullo spettacolo e da quell’unico articolo, mantenendo il collegato, abbiamo derivato sei articoli di normazione diretta, introducendo l’ampia e analitica serie di principi e criteri direttivi: direi che questo era il massimo che potessimo fare in un collegato.
Ringrazio quindi il Ministro per aver consentito al Parlamento di svolgere veramente un grande lavoro, accogliendo tutte le nostre osservazioni e proposte. Su questo credo ci sia stata una certa sintonia che ha prodotto anche buoni risultati.
Naturalmente ringrazio le colleghe, tutte donne, che sono intervenute: le senatrici Ferrara, Fasiolo, Idem, Pezzopane e Granaiola, le quali, trattando aspetti diversi, hanno reso molto ricco il dibattito, che si è svolto con una modalità che personalmente ho trovato di grande soddisfazione. Credo, però, che siano interessanti anche le sollecitazioni venute, perché non si parla molto spesso di cultura in quest’Aula e, quindi, forse non è male se qualche volta, quando se ne parla, anche noi cerchiamo di prestare un’attenzione maggiore.
Le colleghe, ciascuna in modo diverso, hanno offerto, nei loro interventi, vari spunti per l’ulteriore sviluppo del settore, cogliendo bene l’obiettivo che qui si voleva raggiungere, ovvero predisporre, signor Presidente, un provvedimento organico sullo spettacolo, che portasse a prospettive di sviluppo del settore, considerando – come dice la senatrice Idem – che la cultura non è un bene di lusso, ma una materia prima di cui non possiamo fare a meno per plasmare il nostro futuro. Usando le parole della senatrice Ferrara, possiamo dire che, in fondo, quello che abbiamo fatto e stiamo facendo è dare una risposta a quanti credono che il diritto alla cultura e al patrimonio culturale sia un diritto intangibile di tutti i cittadini. Ringrazio quindi la senatrice Ferrara perché credo che in questa affermazione si racchiuda il senso del provvedimento.
Vorrei anche ringraziare tutti i colleghi, perché mi hanno aiutato a cogliere tanti aspetti del disegno di legge, dando un grosso contributo. Abbiamo lavorato ulteriormente agli emendamenti per poter esprimere i pareri sulla base del dibattito che qui c’è stato e adesso siamo pronti a esaminarli in modo tale da poter dare il prima possibile la luce al provvedimento. (Applausi dal Gruppo PD).
Dario Franceschini:
Signor Presidente, ringrazio la relatrice che con la sua replica compiuta – che sottoscrivo integralmente – mi consente di essere molto breve, anche perché questo provvedimento è davvero di natura parlamentare. Sapete che è partito come collegato al disegno di legge sul cinema, poi è stato stralciato da quel provvedimento e ha iniziato un iter che lo ha profondamente arricchito e cambiato, facendolo diventare un provvedimento che – come dicevo – è di natura parlamentare. Di questo ringrazio la relatrice per il lavoro che ha fatto, ma insieme a lei ringrazio tutta la Commissione.
Siamo agli ultimi mesi di questa legislatura e sono convinto che nel settore della cultura siano state fatte molte cose importanti. Voglio dirlo, a scanso di equivoci, che non vengo qui a rivendicare meriti, perché tutte le cose che sono state fatte sono il frutto di un lavoro parlamentare molto intenso. Anche con riferimento agli atti amministrativi con i quali è stata attuata la riforma dei musei, devo dire che si è trattato di provvedimenti derivati da norme che il Parlamento ha voluto approvare, spesso con una maggioranza più larga di quella parlamentare. Io faccio parte di quelli che pensano che quando la maggioranza su un provvedimento riesce ad allargare i propri consensi non è motivo di imbarazzo, ma è motivo di successo dell’intero Parlamento. Così è successo sul decreto-legge che ha introdotto l’Art bonus, con cui finalmente il rapporto tra pubblico e privato viene ulteriormente integrato, ed è accaduto anche sul disegno di legge sul cinema, altro provvedimento approvato con una maggioranza più ampia di quella parlamentare, e spero che ciò possa avvenire anche oggi.
Ho ascoltato bene le preoccupazioni del senatore Giro e vorrei tranquillizzarlo: non mi sogno e non mi sognerò mai di fare un paragone (anche perché non bisogna mai farlo in prima persona) tra quello che ha fatto questo Governo, o i due Governi in cui ho fatto il Ministro dei beni e delle attività culturali, e i precedenti. Ogni provvedimento è frutto del lavoro degli altri, compreso il fatto che alcuni incentivi, come l’Art bonus, sono stati inseriti nel nostro ordinamento dopo che sono state fatte numerose battaglie da Governi precedenti di diverso colore.
Il dibattito è stato interessante – anche se l’ho dovuto leggere dal Resoconto stenografico – e mi scuso per non essere stato presente. Mi rivolgo alla senatrice Montevecchi che era preoccupata: non è stato uno sgarbo nei confronti dell’Assemblea, ma ero a Corfù in una bilaterale Italia-Grecia con il presidente del Consiglio Gentiloni Silveri e numerosi altri Ministri esattamente quella mattina e una parte di quell’incontro bilaterale era dedicato ai temi della cultura.
Per le fondazioni lirico-sinfoniche – mi rifaccio alle parole della relatrice e ricordo che dell’argomento se ne è occupato il senatore Tosato – la norma proroga al 31 dicembre 2019 il termine entro il quale le fondazioni devono adeguarsi ai nuovi parametri previsti dal decreto in materia di delegificazione su cui stiamo lavorando. Penso che in questo modo potremo concretamente intervenire. Il Parlamento, peraltro, ha aumentato anche recentemente le risorse alle fondazioni lirico-sinfoniche, ma a condizione che vengano introdotti meccanismi virtuosi: non si premia chi spende molto, ma chi gestisce bene. I primi passi da questo punto di vista sono stati fatti e saranno compiuti proprio in base alla legge.
Senatrice Blundo, il tema della tutela dei lavoratori è presente ed è uno dei punti della legge. È prevista una delega sul riordino delle disposizioni in materia di lavoro. Anche il tema generale della delega ha generato preoccupazioni, ma ricordo che le due cose stanno insieme: delegificare con provvedimenti amministrativi, ministeriali o legislativi consente di non irrigidire le norme in una situazione sempre in evoluzione. Non è una presa di potere da parte del Ministero o del Ministro, tanto più che ci sono le elezioni politiche all’inizio del prossimo anno e, quindi, vedremo chi le vincerà, che Governo si formerà e chi sarà Ministro. Quindi, non sarà sicuramente questo Governo o questo Ministro ad utilizzare la delega che il Parlamento concede in materia di spettacolo (data l’analiticità delle cose che si devono fare, credo sia fondamentale scegliere questo strumento). […]
Mi pare che nel provvedimento ci siano molte cose buone e innovative come i meccanismi virtuosi e la possibilità di distinguere le fondazioni lirico-sinfoniche dal resto del Fondo unico per lo spettacolo (FUS), il riordino del settore della danza, il sostegno all’internazionalizzazione, a settori nuovi come la musica popolare e contemporanea e – su richiesta parlamentare – i carnevali e le rievocazioni storiche, tutti settori che non c’erano nel precedente FUS. Come è stato fatto dal Parlamento nella legge sul cinema, il 3 per cento viene destinato all’attività formativa e, quindi, alle scuole. Ho già detto dei rapporti di lavoro e c’è poi il tema dell’accessibilità alle persone con disabilità e dell’incremento significativo delle risorse. Non è ciò che vorremmo, ma abbiamo chiuso da tre anni la stagione dei tagli al Fondo unico per lo spettacolo. Oggi le risorse al cinema – che faceva parte del FUS mentre oggi non ne fa più parte – e allo spettacolo dal vivo aumentano in misura davvero molto consistente. Sono poi stati confermati 4 milioni, per il terremoto, che costituiscono un altro segnale importante.
Desidero poi rispondere alla domanda che veniva posta in tutti i dibattiti parlamentari: l’Art bonus ha funzionato? Informo con piacere l’Assemblea che ormai siamo arrivati a circa 180 milioni di euro di donazioni e a oltre 3.500 donatori tra imprese e privati. L’Art bonus è stato introdotto nel nostro ordinamento come misura temporanea per il 65 per cento per i primi due anni e per il 50 per cento per il terzo anno e solo per interventi sul patrimonio. Via via è stato reso permanente, per volontà parlamentare, e allargato ai musei, alle fondazioni lirico-sinfoniche e ai teatri di tradizione. In questo provvedimento si adotta una misura sacrosanta perché non aveva senso che utilizzasse l’Art bonus e, quindi, il contributo di privati con un’agevolazione fiscale chi si occupava di musica sinfonica o di lirica e non invece chi fa teatro o prosa. Con il provvedimento viene esteso alle istituzioni concertistiche orchestrali, ai teatri nazionali, ai teatri di rilevante interesse culturale, ai festival e alle imprese e ai centri di produzione teatrale di danza, ai circuiti di distribuzione senza scopo di lucro che svolgono attività nel settore dello spettacolo. È un modo forte di aiutare perché l’aiuto è in forma diretta attraverso il FUS e in forma indiretta incentivando i contributi dei privati, imprese o cittadini che siano.
Mi pare che il provvedimento sia veramente innovativo. Vi ringrazio e spero davvero che anche questo provvedimento possa avere un voto più largo di quello della sua maggioranza. (Applausi dal Gruppo PD).
Tra gli interventi più interessanti che si sono susseguiti, senza dubbio quello della senatrice Montevecchi, in difesa del suo emendamento 2.206.
Michela Montevecchi: Signor Presidente, l’emendamento 2.202 chiede di introdurre dei meccanismi di prevenzione e contrasto alle vendite non autorizzate dei biglietti di ingresso, il cosiddetto problema del secondary ticketing, e in particolare chiede di prevedere delle misure efficaci volte alla tracciabilità degli stessi. In merito alla questione ci sono stati incontri pubblici e dibattiti, all’interno dei quali è emersa la possibilità di avere dei software, che sono al momento utilizzati, ad esempio, da una società di Modena, per la rintracciabilità e tracciabilità del biglietto. Si tratta di software che permettono di monitorare e contrastare, se non di neutralizzare, la brutta pratica del secondary ticketing.
Tengo particolarmente poi all’emendamento 2.206 perché esso torna sul discorso delle fondazioni lirico-sinfoniche. Richiamo qui l’attenzione della relatrice e del Ministro, perché nelle loro repliche hanno detto che con questo testo si è fatto molto per le fondazioni lirico-sinfoniche per cercare di introdurre dei correttivi alla mala gestio di tali fondazioni. A nostro avviso non si è fatto abbastanza. Ringrazio la relatrice per aver accolto l’emendamento del Movimento 5 Stelle che prevede l’individuazione delle responsabilità gestionali tra i criteri per erogare i contributi. Nonostante però tale accoglimento, ancora non si è fatto abbastanza perché, per esempio, non si prevede una sorta di Daspo per i sovrintendenti che nel corso degli anni hanno ampiamente dimostrato di non essere in grado di gestire le fondazioni lirico-sinfoniche.
Non faccio i nomi in quest’Aula, ma chi è del settore sa benissimo che mi riferisco ai soliti noti che, per nomina ministeriale, vanno ad occupare il posto di sovrintendente con un giro di valzer da una fondazione all’altra, passando, per esempio, da Bari a Roma o da Roma a Verona.
Chiedo allora al Ministro di fare un atto di coraggio e rompere con un sistema che tutti sappiamo è stato deleterio per la gestione delle fondazioni ed esprimere parere favorevole – la stessa preghiera la rivolgo alla relatrice – all’emendamento 2.206 che prevede delle misure semplicissime, che non abbiamo inventato noi, ma che rispondono a richieste che arrivano da chi vive il mondo delle fondazioni lirico-sinfoniche in tutti i suoi settori.
L’emendamento propone di far venir meno la nomina dei sovrintendenti, selezionandoli invece con bandi pubblici, anche internazionali, permettendo la consultazione pubblica del curriculum dell’aspirante candidato. Esso prevede inoltre l’assenza di interessi di qualsiasi natura per tutte le cariche apicali. Quando il Ministro avrà interrotto la sua conversazione con il senatore Zanda, continuerò il mio intervento perché se, eventualmente, dovrà cambiare il parere, vorrei capire sulla base di cosa lo farà. Sono comunque paziente.
L’emendamento prevede bandi pubblici anche internazionali. Ministro, visto che lei ha introdotto tale procedura per la selezione dei direttori dei musei, non vedo perché non dovremmo avere all’interno delle fondazioni lirico-sinfoniche dei sovrintendenti selezionati con bandi pubblici anche internazionali. Non capisco perché ci si ostini invece a voler fare nomine politiche; a pensar male “ci si piglia”.
L’emendamento richiede poi l’assenza di interessi di qualsiasi tipo. Sa bene, infatti, Ministro, che all’interno di alcune fondazioni abbiamo avuto e, forse, abbiamo ancora, direttori artistici che hanno qualche con titolarità nelle agenzie teatrali. Perché non prevedere allora l’assenza di conflitti per le figure apicali?
Si richiede inoltre quello che io ho soprannominato il Daspo per i sovrintendenti; quando si è manifestata incapacità nella gestione di una fondazione, non si può essere nominati in un’altra, ma si è lasciati liberi di andare a svolgere attività altrove.
Credo che questo sia il minimo sindacale indispensabile per dare un messaggio di serietà a chi vive in quel mondo, che oggi sta pagando. Infatti, c’è da dire che chi oggi sta pagando la mala gestio nelle fondazioni non sono gli organi apicali, non è il Moloch amministrativo (anche qui c’è un problema di moltiplicazione delle cariche amministrative, perché a pensar male si commette peccato, ma ci si azzecca). Chi oggi sta pagando sono non coloro che vengono parcheggiati nelle fondazioni, ma le masse tecnico artistiche. Vorrei ricordare a tutti che in una fondazione lirico sinfonica la massa artistica è il cuore, perché senza gli orchestrali, i danzatori e i tecnici lo spettacolo non si fa. Non è il sovrintendente che sale sul palco come one man show. Quindi, signor Ministro, la prego veramente di riflettere su questo. Noi le stiamo dando una grande opportunità con questo emendamento.
Signor Presidente, rubo ancora poco tempo per illustrare l’emendamento 2.212, con cui chiediamo – anche in questo caso – un riordino della normativa per le scuole di formazione dei teatri nazionali e l’introduzione di criteri specifici per rendere un po’ più trasparenti le assegnazioni di certi incarichi apicali e assicurare un turnover che forse non è proprio adeguato a questo mondo. (Applausi dal Gruppo M5S).
AGGIORNAMENTO
Il 20 settembre l’Assemblea ha approvato il ddl n. 2287-bis, con il nuovo titolo “Disposizioni in materia di spettacolo e delega al Governo per il riordino della materia”. Il testo, collegato alla manovra di finanza pubblica, passa alla Camera dei deputati.
Noto come codice dello spettacolo, il ddl si compone di sette articoli. L’articolo 1 detta i princìpi; l’articolo 2 conferisce deleghe al Governo per il riordino della normativa e la predisposizione del codice dello spettacolo; l’articolo 3 istituisce il Consiglio superiore dello spettacolo; l’articolo 4 reca disposizioni finanziarie per l’incremento del Fondo unico dello spettacolo (FUS) e per misure in favore di attività culturali nei territori colpiti dal terremoto; l’articolo 6 prevede la clausola di salvaguardia per le autonomie speciali; l’articolo 7 rimodula la tempistica del processo di risanamento e rilancio delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Nella seduta antimeridiana si è conclusa la votazione degli emendamenti e degli ordini del giorno: sulla controversa questione delle attività circensi e degli spettacoli viaggianti è stato approvato l’emendamento 2.800, presentato dalla relatrice, che prevede il progressivo superamento dell’utilizzo di animali. Sono stati accolti, inoltre, gli emendamenti 4.700 e 5.700, richiesti dalla Commissione bilancio, che specificano la copertura finanziaria degli stanziamenti per i territori colpiti da eventi sismici e per gli incentivi fiscali.
Oggi pomeriggio hanno svolto dichiarazione di voto favorevole i sen. Panizza (Aut), Conte (AP) e Marcucci (PD) i quali hanno ricordato il lavoro di approfondimento e di integrazione svolto in Commissione e hanno richiamato in particolare lo scorporo delle fondazioni lirico-sinfoniche dal FUS, la ridefinizione dei criteri di accesso al Fondo, l’estensione dell’art bonus (credito d’imposta del 65 per cento) a tutte le forme di spettacolo. Sebbene il Gruppo non condivida l’orientamento contabile e mercantile in materia di attività lirico-sinfoniche, e abbia perciò sostenuto gli emendamenti di SI-Sel, il sen. Gotor (Art.1-MDP) ha annunciato voto favorevole al complesso del provvedimento e ha espresso particolare apprezzamento per la norma sull’accesso delle persone con disabilità. Hanno annunciato l’astensione i sen. Michela Montevecchi (M5S), Giro (FI-PdL) e Liuzzi (GAL). M5S ha evidenziato la mancata soluzione dei problemi relativi ai lavoratori dello spettacolo e la timida norma sulla registrazione SIAE, mentre ha manifestato apprezzamento per l’approvazione di un emendamento del Gruppo che preclude ai sovrintendenti responsabili di cattiva gestione la nomina a ruoli affini. FI-PdL avrebbe preferito il varo di una legge organica, in luogo di una delega che necessita di decreti attuativi, e avrebbe caldeggiato una soluzione più efficiente in materia di fondazioni lirico-sinfoniche. GAL ha criticato l’accanimento di gruppi animalisti estremi contro le comunità circensi e ha invitato il Governo ad esercitare la delega con equilibrio e discernimento. Il sen. Giovanardi (FL) ha manifestato perplessità sul compromesso raggiunto in materia di attività circensi, rilevando la vaghezza e la difficile applicabilità della norma. Hanno dichiarato voto contrario al provvedimento i sen. Alessia Petraglia (SI-Sel) e Iurlaro (ALA). La sen. Petraglia ha ricordato che i tagli alla cultura sono stati realizzati anche nell’attuale legislatura e ha criticato le scelte liberiste in materia di attività lirico-sinfoniche (esuberi, precarizzazioni, esternalizzazioni non hanno risanato le fondazioni, che dovrebbero essere pubbliche); ha denunciato infine la mancanza di coraggio sull’eliminazione dell’uso di animali negli spettacoli viaggianti. Secondo il sen. Iurlaro il testo è carente e la sostituzione della consulta con il consiglio superiore dello spettacolo appesantisce la procedura di accesso ai fondi.
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