Sospensioni del quinto tipo
Ricordate il Regolamento sul Reclutamento (c.d. Reclugolamento), che dopo l’accelerazione impressa dal precedente Governo appena prima del tramonto, con l’approvazione in CdM insieme a quello sugli Ordinamenti Didattici, aveva poi ricevuto all’unanimità, pur con alcune apprezzabili rilevanti dichiarazioni a verbale, (sui temi del superamento del precariato e della nuova “mobilità”, delle riforme a costo zero, dei Ricercatori, dello status giuridico, sui docenti di Bibliografia e Biblioteconomia Musicale), il prescritto parere favorevole da parte del CNAM?
Quel Regolamento, che in pochi hanno avuto il privilegio di conoscere, conteneva presumibilmente, immaginiamo senza averlo mai potuto leggere, i seguenti punti:
- l’AAN (o ASAN-AASN, come da richiesta del CNAM) sarebbe durata nove anni e avrebbe avuto cadenza biennale (dunque, e chissà perché, non sarebbe stata “a sportello” come per l’Università);
- per il suo conseguimento sarebbe stato necessario un titolo di secondo livello;
- erano previste alcune incompatibilità per far parte delle commissioni che quell’Abilitazione avrebbero attribuito: non le conosciamo; ci sarà stata lì anche per i componenti del CNAM quella prevista per i componenti del CUN in base alla Legge 18/2006 («I componenti del CUN con la qualifica di professore e di ricercatore non possono far parte delle commissioni giudicatrici che intervengono nelle procedure preordinate al reclutamento dei professori ordinari e associati e dei ricercatori nel periodo in cui ricoprono la carica»)?
- era prevista una disciplina transitoria (art. 2, c. 8) relativamente alla fase “locale”: le istituzioni dovevano ricorrere prioritariamente alle graduatorie nazionali, finché capienti, e solo in subordine al “nuovo” reclutamento; inoltre, fino alla conclusione della prima procedura di abilitazione, avrebbero avuto facoltà di partecipare alle procedure di reclutamento a T.I. quei docenti che fossero inseriti nelle graduatorie nazionali e i docenti inclusi a seguito di concorso pubblico selettivo nelle graduatorie d’istituto e che avessero almeno tre anni di servizio negli ultimi otto. Questa la “tutelina” che la seconda dichiarazione a verbale chiedeva di ampliare e consolidare (e sul cui consolidamento/ampliamento il successivo Memorandum per l’Innovazione indirizzato dal CNAM alla nuova Ministra avrebbe poi nuovamente insistito);
- nell’ambito della programmazione per il fabbisogno del personale, le conversioni e indisponibilità delle cattedre non sarebbero più state sottoposte a approvazione da parte del Ministero;
- si sarebbero potute destinare una o più cattedre vacanti a docenti di ruolo che avessero chiesto di transitare a altro SAD (con procedura descritta all’art. 12 del Reclugolamento);
- ci sarebbe stato un nuovo modello di mobilità che «finalmente» [il giudizio è del CNAM] avrebbe allontanato «il sistema AFAM dai meccanismi mutuati dal sistema scolastico, caratterizzati da una gestione centralizzata e da punteggi che privilegiano l’anzianità di servizio e la condizione familiare»;
- erano previste forme di “collaborazione” tra Istituzioni, mediante utilizzazione congiunta del medesimo personale e programmazione di comuni procedure di reclutamento;
- era prevista una disciplina per il passaggio dal profilo di ricercatore a quello di docente, secondo quanto previsto dalla L. 240/2010 (e, immaginiamo, dal recente provvedimento del luglio scorso);
- si prevedeva che alle procedure di sede, atte a valorizzare «l’Autonomia Responsabile delle istituzioni, consentendo l’adozione di un modello di reclutamento che si possa relazionare con la natura dell’offerta formativa dell’istituzione e dei suoi progetti futuri di sviluppo negli ambiti della didattica e della ricerca» seguisse un periodo di almeno 5 anni, prima dei quali il professore assunto a T.I. non potesse cambiare istituzione (attraverso altro concorso in altra sede, comunque…);
- si prevedeva che le procedure a Tempo Determinato, regolate da apposito “Regolamento interno” dell’istituzione, fossero per soli titoli e fosse richiesto anche lì un titolo di secondo livello;
- che per le procedure a T.D. non fosse necessario il possesso di AAN, che avrebbe dato comunque luogo a punteggio (almeno 1/4 del punteggio complessivo, chiedeva il CNAM);
- erano previsti incarichi a visiting professors, italiani e stranieri
- era previsto il conferimento del titolo di “emerito” e “onorario” a professori pensionati;
- per i primi 10 anni i ricercatori sarebbero stati reclutati a T.I. anche se privi di dottorato;
- gli attuali SAD sarebbero stati accorpati per costituire più ampi Settori Concorsuali finalizzati all’AAN;
Il CNAM, da parte sua, al di là delle dichiarazioni a verbale di cui sopra,
- esprimeva apprezzamento sulle disposizioni finali e transitorie di cui all’art. 16 del Regolamento, ad esempio quelle previste al comma 8 (fase transitoria tra vecchie e nuove modalità di reclutamento a T.I.), o quelle che con il comma 16 avrebbero contribuito a far chiarezza sulla attuale figura del docente-bibliotecario;
- auspicava e raccomandava che ci fosse un intervento normativo in grado di accrescere le attuali facoltà assunzionali, e che consentisse il reclutamento a T.I. su ogni posto della dotazione organica;
- chiedeva il ripristino dei rimborsi spese per la partecipazione ai lavori delle Commissioni;
- invitava a non valutare, per il reclutamento a T. D., il servizio prestato presso scuole secondarie di secondo grado;
- chiedeva di specificare che riguardo alla procedura per la formazione delle liste dei membri delle Commissioni, la valutazione fosse affidata ai Nuclei di Valutazione solo in sede di prima applicazione, in attesa della definizione di specifici criteri di valutazione dell’attività artistica e scientifica.
Ora quel testo applaudito e misterioso parrebbe aver subito una brusca battuta d’arresto: il Consiglio di Stato, nell’adunanza dell’8 novembre scorso, ha infatti sospeso il giudizio e la pronuncia del parere nelle more degli approfondimenti istruttori indicati in motivazione.
In pratica, il CdS ha osservato come il fulcro della riforma del reclutamento, innovativo rispetto al vecchio Reclugolamento del 2019 mai entrato in vigore, e che si intendeva qui riformare (l’AAN-ASN-ASAN-AASN), sia introdotto nel Regolamento senza una norma primaria che demandi poi la mera disciplina delle modalità del suo espletamento a un Regolamento di delegificazione, qual è (o dovrebbe essere) appunto quello proposto; e come il riferimento alla speculare ASN universitaria sia del tutto improprio, in quanto quell’istituto è invece sì chiaramente introdotto all’interno di una norma primaria come la L. 240/2010.
«La Sezione ritiene, pertanto, che vada approfondita la questione se il Ministero riferente – intendendo “revisionare” il sistema di reclutamento dell’alta formazione artistica e musicale sulla falsariga di quanto già previsto per il sistema universitario dalla legge 240 del 2010 – non avrebbe dovuto procedere secondo il medesimo schema e, quindi, attendere una norma primaria di istituzione dell’abilitazione artistica nazionale per poi demandare la disciplina delle modalità di espletamento delle procedure per il suo conseguimento ad un regolamento di delegificazione.
Nello schema di decreto oggetto di parere invece, come si è detto, l’articolo 2 istituisce esso stesso l’abilitazione artistica nazionale in assenza di una norma primaria, con un uso del regolamento di delegificazione che appare improprio e con presupposti totalmente diversi da quelli dell’art. 16 della legge n. 240 del 2010 che viene preso quale falsariga e modello.
Premesso che la suddetta criticità è di per sé sola idonea a giustificare l’adozione di un parere interlocutorio al fine di richiedere una ulteriore riflessione da parte del Ministero riferente […]».
Il CdS, tuttavia, nel rimandare il testo al MUR, non si esime da alcune osservazioni di merito:
- perplessità sull’emanazione di un regolamento non autoesecutivo, ma che demanderebbe ampia parte della disciplina a ulteriori regolamenti attuativi;
- richiesta di suddivisione dei 15 commi dell’art. 2 in almeno due distinti articoli, iniziando proprio con la disciplina del D.M. concernente le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione;
- perplessità sul fatto che la nomina dell’unica commissione nazionale di durata biennale per le procedure di abilitazione di ciascun settore concorsuale venga attribuita al presidente dell’istituzione presso la quale la commissione ha sede;
- perplessità sull’assenza di compensi per i componenti la commissione (ritenendo, al contrario, che la previsione di un compenso aggiuntivo possa «essere incentivante e funzionale ad allargare la platea di coloro che si candidano a far parte di una commissione con l’effetto virtuoso di elidere o, comunque, di attenuare i rischi distorsivi della partecipazione alle commissioni giudicatrici»);
- perplessità sul fatto di demandare al D.M. successivo la «definizione dei termini e delle modalità per proporre reclamo avverso il giudizio di mancata abilitazione all’istituzione dove la commissione ha sede, con previsione dei termini di rivalutazione, nonché delle condizioni di accoglimento e rigetto del reclamo»;
- perplessità anche nella parte in cui prevede che “Nei casi di incompatibilità tra commissario e candidato di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, il presidente dell’istituzione presso la quale la commissione ha sede nomina un commissario sostituto, ai soli fini della valutazione del candidato incompatibile, con le modalità di cui al comma 10”. La predetta previsione, così il CdS, «non appare, infatti, in linea con l’interpretazione dell’art. 51 c.p.c. e con la ratio stessa della norma, atteso che il commissario incompatibile anche con uno solo dei candidati non può fare parte della commissione per valutare gli altri, potendo evidentemente il rapporto che ha determinato l’incompatibilità falsarne il giudizio rispetto a questi ultimi»;
- richiesta di chiarimento sul diverso utilizzo dei termini “pianta organica” e “dotazione organica”;
- perplessità sulla possibilità di convertire i posti di organico vacanti del personale docente e ricercatore in posti del personale tecnico-amministrativo e viceversa;
- riguardo al reclutamento dei Ricercatori, si suggerisce al Ministero di valutare l’opportunità di prevedere un’unica disciplina nazionale con D.M., anziché discipline diversificate sul territorio;
- si suggerisce l’opportunità di prevedere un limite numerico ai contratti che i “professionisti ed esperti di riconosciuta esperienza e competenza” possano stipulare contemporaneamente con più istituzioni, così come di specificare la loro non reiterabilità, una volta esaurito il numero massimo di rinnovi previsto, presso la medesima istituzione;
- con riferimento ai diversi requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali richiesti per il personale TA, si ribadisce che pure il personale docente delle AFAM, a differenza dei docenti universitari, risulta essere assoggettato interamente al regime del pubblico impiego privatizzato di cui al D.lgs. n. 165 del 2001;
- perplessità sul fatto che le diverse disposizioni del regolamento abbiano decorrenze diversificate quanto alla loro efficacia;
- e infine, sulle modalità di superamento del precariato: «La Sezione, infine, evidenzia la necessità di un’ulteriore riflessione sulle graduatorie pregresse, sia in relazione alla molteplicità di quelle ancora valide che in ordine alla possibilità di stabilire una data certa per la cessazione della loro validità ovvero di prevedere per tutte e non solo per quelle di cui all’articolo 1, lettera i) n. 1) che si tratta di graduatorie “ad esaurimento”. Tale riflessione appare necessaria in quanto, se si continua a consentire la maturazione dei requisiti per l’accesso alle graduatorie nazionali AFAM, con tutte le conseguenze ad essa connesse, quali ad esempio la possibilità di partecipare alla procedura di abilitazione pur non essendo in possesso dei titoli di cui al comma 2 dell’art. 2, ciò determinerà inevitabilmente un continuo rinvio della piena ed esclusiva operatività del nuovo sistema di reclutamento, contravvenendo in tal modo alla ratio stessa dell’intervento normativo».
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